0.00 0
Carrello

Nessun prodotto nel carrello.

Stress lavoro – burn out e mobbing

Le trasformazioni della società e del mondo del lavoro hanno prodotto rischi di una certa rilevanza per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

In particolare, oggi l’attenzione viene posta ai cosiddetti rischi psico-sociali che costituiscono un fenomeno con il quale bisogna necessariamente confrontarsi.In una delle prime definizioni fornite dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (1986), i rischi psico-sociali sono stati individuati in termini di interazione tra contenuto del lavoro, gestione e organizzazione del lavoro, condizioni ambientali e organizzative da un lato, competenze ed esigenze dei lavoratori dipendenti dall’altro.

Interazione in grado di produrre danni fisici o psicologici nel lavoratore.Questi rischi rappresentano una vera preoccupazione per le organizzazioni, al punto che molto spesso si preferisce affrontarli in modo non esaustivo e con strumenti non sempre adeguati a coglierne gli aspetti rilevanti.

I timori sono comprensibili, visto che si tratta di una tipologia di rischio che, a dispetto di quelli tradizionalmente conosciuti e già da tempo assimilati, presenta una peculiarità: la componente soggettiva. Per questo, il processo di valutazione dei rischi psico-sociali necessita di metodologie e strumenti che coinvolgono discipline ancora oggi poco impiegate nell’ambito della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, prime fra tutte la psicologia del lavoro.

Parlare di rischi psico-sociali significa, infatti, affrontare il tema del mobbing, dello stress, del burn out. Significa scendere nell’analisi dei processi comunicativi, delle relazioni umane: l’uomo, dunque, al centro del processo di valutazione del rischio.

Con il D. Lgs 81/2008 in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, all’art. 28 viene richiamata la necessità di valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, compresi quelli collegati allo stress-lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo europeo dell’8 ottobre 2004 (art. 28, D. Lgs. 81/2008).

E’ proprio leggendo quanto riportato dall’Accordo europeo che si comprende l’importanza di valutare questo rischio che può interessare ogni struttura lavorativa e ogni tipologia di lavoratore, indipendentemente dal tipo di mansione svolta. Ovviamente, differenziandone i fattori di rischio.

Secondo l’Accordo europeo, infatti, “affrontare la questione dello stress lavoro correlato può condurre a una maggiore efficienza e a un miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori, con conseguenti benefici economici e sociali per imprese, lavoratori e la società nel suo complesso”.

Ma cosa si intende per stress con riferimento ai luoghi di lavoro?

Prima di tutto occorre capire cos’è lo stress.Il grande studioso Seyle definì lo stress come la risposta aspecifica dell’organismo a ogni richiesta effettuata ad esso (Seyle, 1974) proprio per evidenziare la complessità e la diversità delle risposte dell’individuo agli stimoli stressanti (stressor).

Sono proprio gli stressor, esterni o interni, che richiedono un adattamento all’individuo. Questi fattori possono essere di natura biologica e fisica (alimentazione, inquinamento, rumore, temperatura), psicologica e sociale (separazioni coniugali, lutti, cambiamenti delle condizioni di vita lavorativa). Lo stress, dunque, rappresenterebbe una reazione adattiva.

Così, in ambito lavorativo, lo stress può essere interpretato come “un insieme di reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifesta quando le richieste poste dal lavoro non sono commisurate alle capacità, risorse o esigenze del lavoratore. Lo stress connesso al lavoro può influire negativamente sulle condizioni di salute e provocare persino infortuni” (National Institute for Occupational Safety and Health, NIOSH, 1999).

Grazie all’art. 28 del D. Lgs. 81/2008 lo stress, o meglio il rischio da stress lavoro correlato, deve essere oggetto di valutazione a tutti gli effetti.Ma in tema di rischi psico-sociali, la valutazione deve ampliare le prospettive.

Se, infatti, l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro definisce il mobbing come un “comportamento ripetuto, irragionevole, rivolto contro un dipendente o un gruppo di dipendenti, tale da creare un rischio per la salute e la sicurezza”, se ne deduce che anche il mobbing debba rientrare in un processo valutativo.

Parlare di mobbing significa trovarsi in presenza di una serie di comportamenti destabilizzanti, volti a emarginare, isolare un individuo dal proprio contesto professionale.A caratterizzare una situazione di mobbing sono:

  • la sistematicità e la durata nel tempo delle persecuzioni;
  • la degenerazione del rapporto interpersonale;
  • le ripercussioni sotto il profilo psicofisico.

Peraltro, le conseguenze del mobbing sono riscontrabili non solo a livello individuale, ma anche a livello organizzativo e sociale.E’ altresì possibile ipotizzare una connessione tra stress e mobbing.

In particolare (I. Corradini, 2009):

1. Il mobbing, per le modalità con cui si esprime, può generare un forte stress nell’individuo, alterandone le funzioni psico-fisiche e determinando nello stesso una caduta di attenzione e di concentrazione nelle sue abituali attività lavorative. Al contempo, il mobbing incide sui rapporti interpersonali che si originano e si sviluppano nell’ambiente di lavoro: nella maggioranza dei casi, si assiste a un’alterazione delle dinamiche relazionali e, in modo più ampio, del clima organizzativo.
.2. Lo stress, compromettendo l’equilibrio psico-fisico della persona, potrebbe faRischi psico-sociali, non solo stressparlare dirischi psico-sociali significativi, affrontare mobbing, stress e burn Out mettendo l’uomo al centro del processo di valutazione del rischio il mobbing viene definito un comportamento ripetuto, irragionevole, contro un dipendente o ungruppo di dipendenti,tale da creare un rischiOper la salute e la sicurezza
Con il D. Lgs 81/2008  in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, viene richiamata la necessità di valutare tutti i rischi per la salutee la sicurezza dei lavoratori, compresi quelli collegati allo stress lavorocorrelato, secondo i contenuti dell’Accordo europeo dell’8 ottobre 2004.Il volume si pone l’obiettivo di approfondire l’analisi del fenomeno dello stress in ambito lavorativo, adottanto una duplice prospettiva, giuridicae psico-sociale.
Quali sono gli stressors e come identificarli? Qual è l’inquadramentogiuridico dello stress lavoro correlato e, più in generale, della tutela dellavoratore? Quali misure di prevenzione adottare? Come valutare il rischio stress nelle organizzazioni? A queste complesse domande il testo fornisce risposte chiare ed esaustive attraverso l’analisi della letteratura internazionale sul tema e, soprattutto, contando sull’esperienza pratica dei due autori.Isabella Corradini, psicologa del lavoro e delle organizzazioni, perfezionatain psicopatologia forense e criminologia clinica, è docente di Psicologia Sociale presso la Facoltà di Psicologia dell’Università degli studi dell’Aquila.È responsabile dell’area psicologica dell’Osservatorio sui rischi psico-sociali dell’Università. Ha scritto diversi libri e saggi in tema di sicurezza sul lavorocon approccio psicologico.
Di recente si segnalano: Linee guida per la prevenzione del mobbing, 2010; I mobbings, 2009; Stress e technostress, 2008.È consulente in Safety e Security per primarie aziende italiane.Pietro Lambertucci, ordinario di diritto del lavoro dell’Università degli studi dell’Aquila, è responsabile dell’area giuridica dell’Osservatorio sui rischipsico-sociali dell’Università. È autore di due opere monografiche (Efficaciadispositiva del contratto collettivo e autonomia individuale, 1990; Le tuteledel lavoratore nelle vicende circolatorie dell’azienda, 1999), di voci enciclopediche, di numerosi saggi ed articoli in materia di rapporto individuale dilavoro e diritto sindacale.
Un clima “stressante” altera infatti le modalità di relazione, cosicché le incomprensioni tra colleghi, i malumori, le insoddisfazioni legate ad esempio a una mancata chiarezza di ruoli e funzioni, potrebbero degenerare in  conflittualità e, a seguire, in mobbing.Infine, parlando di rischi psico-sociali, vale la pena accennare al concetto di  burn out, fenomeno con il quale si vuole indicare l’esaurirsi graduale delle risorse psico-fisiche della persona che letteralmente “si brucia” nel tentativo di adattarsi alle difficoltà del confronto quotidiano con la propria attività lavorativa.
Il burn out costituisce una forma di stress “cronico” che colpisce in particolare le helping professions (le professioni di aiuto), come ad esempio i medici, gli psicologi, gli operatori di polizia, ecc.Pur non potendo contare ancor oggi su una definizione univoca, il concetto di burn out denota una situazione di stress lavorativo caratterizzata da una graduale perdita di energia e motivazione che conduce l’individuo a manifestare atteggiamenti di nervosismo o di indifferenza o addirittura di cinismo nei confronti di chi pone la richiesta di aiuto.Per la loro natura, i rischi psico-sociali richiederebbero adeguate metodologie di analisi e specifiche strategie di prevenzione.
Ma l’obiettivo è ancora lontano.A tal fine, è doveroso citare una ricerca europea fra le imprese sui rischi nuovi ed emergenti (ESENER) svolta nell’ambito della strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro 2007-2012.Secondo lo studio realizzato tra la primavera e l’estate del 2009 dall’Agenzia europea per la salute e sicurezza sul lavoro (EU-OSHA) in 31 Paesi (Ue più Croazia, Turchia, Norvegia e Svizzera),  a preoccuparsi dei rischi derivanti dallo stress sul lavoro sarebbero almeno quattro imprenditori europei su cinque (79%).
La preoccupazione riguarda anche gli incidenti ad esso connesso.Tuttavia, a fronte di una chiara preoccupazione,  solo il 26% degli imprenditori applica procedimenti per ridurre le cause dello stress.I Paesi nei quali l’impegno risulta essere particolarmente apprezzato  sono l’Irlanda, la Gran Bretagna, l’Olanda, la Scandinavia, e in linea generale i Paesi del nord Europa.
La percentuale, infatti, decresce notevolmente nel sud o est d’Europa.Dallo studio emerge inoltre che la partecipazione attiva dei lavoratori costituisce un punto di forza per la realizzazione di misure efficaci per la salute e la sicurezza.
I dati confermano la necessità di porre attenzione a un fenomeno che rischia di diventare un problema serio, sia per il lavoratore che per la stessa organizzazione.Precedentemente, l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro aveva indicato come lo stress legato all’attività lavorativa avesse coinvolto quasi un lavoratore su quattro.
Già secondo i dati del 2005 lo stress costituiva il secondo problema di salute legato all’attività lavorativa, spettante il primato ai disturbi muscolo-scheletrici (DMS).Alla luce di questa breve trattazione, è evidente come una risposta efficace agli effetti dei rischi psico-sociali sia rappresentata dalla prevenzione.Prevenzione che deve necessariamente realizzarsi attraverso un  sistema di partecipazione collettiva alla sicurezza, nella consapevolezza che la corretta gestione dei rischi psico-sociali sia in grado di favorire più alti livelli di produttività e di efficienza dell’impresa.Isabella Corradini psicologa sociale e del lavoro.
Fonte:sicurezzaelavoro.org

PIATTAFORMA E-LEARNING


MODULO CONTATTI

Giulio morelli

contatti

  • Anguillara Sabazia ( Roma )
  • Telefono: 069968846
  • E-Mail: info@giuliomorelli.com

numero verde

800146627
Consulenza HACCP e Sicurezza sul Lavoro

iscriviti alla newsletter

seguimi sui social

© Giulio Morelli Consulente per la sicurezza e haccp. Corsi di formazione online e in aula
privacy policy | terms and conditions